mercoledì 8 dicembre 2010

L’AVVOCATO DELLE CAUSE PERSE - settembre 2010





BRUCIA EBOLI.
“Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace” (Esodo 19,18). Insomma, come scomodare una citazione biblica per un misero evento di ordinaria amministrazione ebolitana? Eppure ci sta tutto, vuoi o non vuoi, il parallelismo fra il Monte Sinai e i Monti di Eboli. Gli stessi che qualche giorno fa bruciavano, non certo per ispirazione divina, e il fumo che copriva parte del cielo faceva alzare gli occhi a tutti gli ebolitani. Brucia Eboli. Come bruciò Troia. Come bruciò Cartagine. Brucia Eboli, ma non per mano dei Greci. Nemmeno per mano di Roma. Brucia Eboli, per mano di ignoti. Brucia, per mano di speculatori, probabilmente. O di semplici piromani senza scrupoli. Brucia, forse, per un mozzicone di sigaretta. Dio nella Bibbia appare sempre, o quasi sempre, fra le fiamme . Se fossimo arrivati in tempo, sui Monti di Eboli, ci avremmo trovato tutt’altro. Cristo non si è mai fermato da queste parti. Cinquemila anni fa, fra le radici degli alberi e i sentieri nascosti di questi monti, sorgeva il primo insediamento ebolitano. E’ qui che si insediarono i nostri avi, prima ancora di essere un Municipium romano. Prima di qualsiasi altra cosa. Eboli nasceva su quei monti.
I danni procurati sono notevoli. Flora e fauna dei monti ebolitani sono compromessi per i prossimi quindici anni. Ma il giorno dopo tutto sembra dimenticato: quasi sembra evaporizzato l’interesse collettivo, un po’ come quella nuvola di fumo che andava scomparendo lasciando il posto alle stelle. E il silenzio è la sconfitta peggiore. Cosa faremo perché non succeda di nuovo. E soprattutto, si sarebbe potuto evitare?

Giuseppe Avigliano

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